Generali Jeniot, l’affidabilità delle scatole nere si testa con i robot

Generali Jeniot – società di Generali Italia dedicata allo sviluppo di servizi innovativi nell’ambito dell’Internet of Things – ha sviluppato un’applicazione non distruttiva che sfrutta i movimenti ad altissima velocità di un robot Delta Quattro di Omron per testare i parametri chiave delle black-box da installare a bordo delle auto degli assicurati. Sempre più – riporta la nota diffusa da Generali Jeniot – il futuro della mobilità passa anche dalle scatole nere installate a bordo auto che già da qualche anno registrano e trasmettono la localizzazione, le accelerazioni, le decelerazioni e molti altri dati sensibili relativi alle percorrenze stradali.

Dato che il primo requisito di ogni black-box risiede proprio nella capacità intrinseca di offrire una rappresentazione quanto più fedele possibile della dinamica degli urti,  produttori e compagnie assicurative conducono veri e propri crash test finalizzati a perfezionare la stima del danno materiale e dunque del danno assicurativo registrato.

Per trovare un’alternativa non distruttiva, ma anche più efficiente ed economica, al problema dell’affidabilità, Generali Jeniot ha brevettato e successivamente sviluppato un nuovo metodo di collaudo. Si tratta, come detto in apertura, di una soluzione basata sull’utilizzo di un robot Delta Quattro Adept di Omron, programmato per sottoporre le scatole nere alle stesse accelerazioni e decelerazioni sui 3 assi, che verrebbero registrate su un’autovettura durante un crash test o altre situazioni simulate di circolazione stradale.

L’applicazione, denominata JADA e sviluppata in collaborazione con l’Università di Padova, è impiegata con successo sia per il collaudo delle scatole nere degli assicurati del Gruppo Generali, sia per quelle prodotte e distribuite da terze parti.

“Per semplificare”, spiega Valerio Matarrese, Responsabile Ricerca Progettazione e Sperimentazione Auto Generali Jeniot, “si potrebbe dire che la valutazione viene condotta da un robot che muove la black-box come se fosse a bordo di un veicolo che subisce un urto. Non è una simulazione computerizzata, ma qualcosa di reale, un modo alternativo per replicare le accelerazioni di impatto di un’auto coinvolta in un incidente stradale”.

A differenza dei crash test tradizionali, nei quali si può solo variare la velocità di impatto, JADA consente di intervenire anche sulla curva accelerometrica. Il robot viene di fatto istruito a replicare un impatto pregresso di cui si conosce la dinamica reale. “Replicare un incidente non è semplice”, ci tiene a sottolineare Valerio Matarrese, “ma le esperienze del passato ci consentono di avere una grande base dati proveniente dai crash test per sviluppare protocolli personalizzati in base alle esigenze del cliente”.

 

 

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