Dall’informatica top alle cellule viventi: il lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) descrive la creazione di un nuovo sistema di vita, un robot nato dal riassembramento di alcune cellule staminali della cosiddetta “rana artigliata africana” (Xenopus laevis) e basato sui modelli proposti da un supercomputer.
Questi nuovi robot chiamati xenobot – riporta la ricerca – sono quindi cellule epiteliali e cardiache artficialmente “montate” dai ricercatori per poter svolgere alcune azioni, come muoversi o spostare piccoli oggetti. Oltre a fornire un’importante possibilità di studio sulla base di forma e funzione degli organismi viventi, è possibile pensare per gli xenobot una vasta gamma di applicazioni.
«Non sono robot tradizionali e neppure una specie nota di animali. Sono una nuova classe di artefatti: organismi viventi e programmabili» ha dichiarato Joshua Bongard,informatico ed esperto di robotica dell’Università del Vermont.
I ricercatori hanno fatto girare sul supercomputer DeepGreen un algoritmo per la creazione di una diversa forma di vita con determinate caratteristiche, come la capacità di spostarsi in una direzione. Durante i mesi di processamento, il Deep Green ha simulato l’aggregazione e il riaggregazione di qualche centinaio di cellule, basandosi su alcuni semplici principi biofisici forniti dagli scienziati e riguardanti le proprietà delle cellule epiteliali e cardiache.
Vediamo il funzionamento dei xenobot in questo suggestivo video dell’Università del Vermont
Alla fine, sono state selezionate le opzioni migliori, impiegate per i test sulle cellule reali. Queste ultime sono staminali prelevate, come detto, da embrioni della “rana artigliata africana“, un organismo modello ampiamente impiegato in ricerca (dalla specie deriva anche il nome dei nuovi robot).
Dopo aver separato e lasciato incubare le singole cellule, i ricercatori le hanno tagliate e “rimontate” secondo le istruzioni fornite dal supercomputer, ossia cercando di attuare gli obiettivi previsti. A quel punto le cellule hanno effettivamente iniziato a lavorare insieme, muovendosi in modo coerente per esplorare l’ambiente circostante grazie alle contrazioni delle cellule cardiache. Le cellule hanno mostrato proprietà di auto-organizzazione e perfino la capacità di manipolazione, spostando piccolissime palline. «Abbiamo tagliato il robot quasi a metà e lui si è rimesso insieme e ha ripreso a funzionare», ha chiosato Bongard.
Gli xenobot possono insegnare molto sui sistemi viventi, come spiega il co-autore Michael Levin: «La grande questione, in biologia, è capire quali algoritmi determinano forma e funzione degli organismi. Abbiamo mostrato che cellule di rana possono essere usate per creare forme di vita completamente diverse da quelle iscritte nel loro programma di default». E questo potrebbe fornire informazioni più approfondite su come sono organizzati gli organismi, e su come immagazzinano e processano le informazioni.