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Sesso con un robot? Pro e contro nei pareri di uomini e donne

Film e racconti di sci-fi hanno provato a immaginare, anche in tempi recenti, come sarebbe un mondo dove i robot e gli umani abbiano la possibilità di intrecciare relazioni personali, incluso rapporti di tipo sessuale (un esempio su tutti il film Her di Spike Jonze).

I ricercatori della Tufts University di Medford (nel Massachusetts) hanno posto il quesito a un campione di uomini e donne negli Stati Uniti: più di due terzi degli uomini interpellati hanno affermato che darebbero una chance alla situazione senza alcun imbarazzo: al contrario  due terzi delle donne dello stesso campione hanno risposto negativamente. Il tutto attraverso un arco di domande con punteggio variabile da 1 a 7 e relativi giudizi: da “del tutto inappropriato” a “completamente appropriato“.

Il risultato riflette il mantenimento delle differenze con cui i due sessi si approcciano ai rapporti, così come una secolare tradizione le ha create e tramandate. I ricercatori hanno però evidenziato che fatto salvo la decisione più drastica (sesso si, sesso no) i rappresentanti dei due generi hanno trovato convergenze su molti aspetti dell’indagine, considerati ancora più importanti perchè da mettere in relazione con il più ambio dibattito dell’inserimento dei robot nel tessuto sociale.

women robot

L’apporto robotico va gestito con sensibilità e senza granitiche certezze

Per esempio l’apprezzamento è unanime se l’esperienza meccanica viene paragonata alla compagnia di una prostituta in carne ed ossa! Uomini e donne concordano nel ritenere il rapporto con un robot più appropriato rispetto a quello a pagamento. D’istinto verrebbe da pensare che in questo caso l’apertura delle donne ha a che fare con il tema della “gelosia”, ma non usciamo dal seminato della ricerca… anche perché per correttezza dovremmo interrogarci sulle motivazione dei maschietti.

Bene dunque che la convergenza ci sia anche su altri tre importanti aspetti, come hanno giustamente sottolineato i ricercatori della Tufts University:
innanzitutto l’esperienza con un robot può risultare utile per aspetti terapeutici delle persone disabili, laddove vi sia un interessamento spontaneo, dando per scontato che l’androide sia il più possibile assimilabile agli umani per fattezze e reazioni emotive. Se questo punto investe la sensibilità di una definita categoria (cui dunque spetta l’ultima parola a prescindere dalle prerogative dei ricercatori), gli altri due non si prestano a particolari zone d’ombra: il campione della ricerca in modo praticamente unanime ha identificato nell’ipotetico scenario relazionale con una macchina una drastica riduzione delle malattie sessualmente trasmettibili; così come un potenziale sostegno per il contenimento delle molestie sessuali.

La buona fede dei ricercatori e degli intervistati è fuori discussione: a tutti piacerebbe vivere in un mondo perfetto. Il punto però è domandarsi “a che prezzo”. L’apporto robotico va gestito con sensibilità, altrimenti rischiamo di vederci proiettati in un universo distorto come quello narrato nel film Minority Report di Spielberg, dove la soluzione di prevedere i crimini in anticipo, tramite forme di IA, si rivela in conclusione deleteria e foriera di nuove tensioni sociali.

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