RoboBee

RoboBee oggi può volare e nuotare

Uno dei prototipi più interessanti presentati in ambito robotico nel corso del 2015 è sicuramente il progetto RoboBee: ispirandosi al cosiddetto “moscerino della frutta” un team di ricercatori dell’Università di Harvard ha configurato dei mini insetti-robot, con corpo leggero (circa ottanta mg in carbonio) e ali estremamente sottili. Nati per volare, ora sono stati sottoposti allo step finale, vale a dire ottenere la capacità di nuotare. L’evoluzione è stata presentata nel corso di IROS, il convegno dedicato all’IA tenutosi ad Amburgo nei giorni scorsi.

Si tratta di un passaggio molto significativo del processo avviato ben dodici anni fa dai ricercatori. RoboBee, come nella sua penultima versione, è ancora alimentato da un mini cavo applicato all’estremità, ma da oggi è dotato anche di una piccola batteria propedeutica al movimento nell’acqua. Importante anche l’aspetto che investe la frequenza con la quale l’androide-insetto agita le proprie ali ipertecnologiche: 120 Hz in volo, 9 Hz quando si trova immerso. Ecco un video molto esplicativo del meccanismo

Conciliare “acqua” e “aria”: anche per robot di dimensioni più grandi

Si intuisce un grande lavoro di ingegneria per superera le fisiologiche difficoltà a conciliare le peculiarità degli elemti “aria” e “acqua”. Nell’ambiente acquatico è fondamentale saper attutire gli attriti, mentre per volare è necessario essere dotati di ali sufficientemente grandi. La tara è stata realizzata attraverso lo studio di uccelli marini, simulazioni al computer e test sperimentali. Ha affermato Kevin Chen, alla guida del team di ricercatori “E’ stato fondamentale apprendere che che il meccanismo della propulsione con il battito delle ali è sufficientemente uguale nell’aria e nell’acqua, laddove nelle due situazioni le ali si muovono su e giù; l’unica differenza risiede nella velocità di esecuzione”.

Un problema a sua volta affrontato e risolto ha riguardato pure la necessità di “ripulire” RoboBee dalle gocce nella sua fase di risalita dall’acqua, più che altro per una questione di peso. E’ comunque importante sottolineare che anche in ambiente acquatico i suoi movimenti vengono agevolmente controllati da remoto.

E’ significativo – ha concluso Chen – che il nostro studio sulla locomozione con ali non si limita a esemplari piccoli, ma può funzionare anche su scale di un metro. Dunque la tecnica potenzialmente può essere applicata anche per androidi più grandi”.

 

 

 

 

 

 

 

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