It’s a dirty job, but someone has to do it… Verrebbe da dire. Eh, si per fortuna che qualcuno nel gaudio generale per il continuo sviluppo della auto a guida autonoma (con l’Italia che legittimamente gonfia il petto per l’accordo tra Fca e Google sui modelli), ricorda oggi che potrebbe essere saggio non sottovalutare certi problemi. Oggi che si è ancora in fase di test…
Come ha fatto la Stanford University, sulla base di precise analisi dello status odierno, curiosità comprese.
Navigando su YouTube, si potranno per esempio vedere, video di persone che ipotizzano di essere proiettati all’interno della self driving car come se fossero in un salotto, se non in uno spazio dove si può consumare un rapporto sessuale! Come seriamente ipotizzato da un serio addetto ai lavori come Barrie Kirk, della Canadian Automated Vehicles Center, in una recente intervista (“con la guida autonoma si farà molto più sesso in auto”). Goliardate e esagerazioni, si dirà, ma è bene prevenire, perchè l’affermazione del “fenomeno-auto senza” guida passa anche da un meccanismo di controllo che deve essere perfetto. Con un quesito chiave di base: il conducente sarà talmente attento e scrupoloso da riassumere il controllo dell’auto in caso di criticità?
Anche semplicemente se invece di fare cose “strane” si sta limitando a sorseggiare un drink o a vivere una piacevole conversazione con un ospite all’interno dell’abitacolo o al telefono. O a svolgere mansioni professionali, per ottimizzare in vista dell’arrivo in ufficio.
Messaggi vocali, luminosi e la vibrazione del volante come alert
Una ricerca ad hoc della Stanford University ha stabilito che la situazione critica per eccellenza se ci si trova a bordo della self driving car non è inerente a pericoli evidenti (come quando il software deve evitare un ostacolo o confrontarsi con una manovra azzardata di chi sopravanza l’auto), bensì sorge se ci si deve confrontare con eventi più di routine. Un’avaria del sistema di trasmissione, per esempio, deve essere affrontata con lucidità dal proprietario della vettura, dunque conviene essere sempre molto vigili (banditi i sonnellini, siano essi volontari o indotti da stress o altro)
L’analisi dei ricercatori di Stanford evidenzia dunque che “il raggiungimento del perfetto funzionamento dei veicoli automatizzati passa non solo per la configurazione del software, ma anche se non soprattutto dalla gestione della fase di transizione in cui gli esseri umani devono riappropriarsi del controllo della macchina“.
In tale ottica si sono intensificati i test degli esperti del celebre ateneo portati avanti con un simulatore di guida: da questi emergono informazioni che sono molto utili nel progress in atto della configurazione delle self driving car da parte delle realtà industriali impegnate nel progetto. I ricercatori, in particolare, simulano avvisi random per chiedere ai conducenti di riprendere il controllo dell’auto (messaggi vocali, luminosi, ma anche la vibrazione del volante). E’ l’alert che deve spingere il conducente a concentrarsi esclusivamente su quanto succede all’esterno dell’abitacolo per evitare spiacevoli sorprese.