Joseph Engelberger è scomparso da poco, ma la notizia non ha suscitato granché clamore. Solamente qualche media specializzato ne ha parlato, così come i membri della comunità scientifica attraverso il tam-tam del ricordo e del doveroso tributo. Così, un po’ in sordina, il padre della robotica mondiale si è spento il 1° dicembre 2015 all’età di novant’anni nella sua casa di Newtown, in Connecticut.
Se non ne conoscete la storia e vi state chiedendo che cosa di così eccezionale abbia fatto, ebbene sappiate che oltre agli innumerevoli riconoscimenti e premi ottenuti in tutto il mondo, Engelberger è stato inserito nella lista dei 1.000 inventori che hanno cambiato il volto del XX secolo.
Dalla grande depressione al secondo dopoguerra
Non può esserci storia più americana di quella di Joseph Frederick Engelberger, nato a New York nel quartiere di Brooklyn il 26 luglio 1925 e cresciuto nel periodo della grande depressione in Connecticut, che abbandonerà in giovane età per fare ritorno nella Grande Mela dove completerà gli studi. Nel 1946, a 21 anni, Engelberger si ritrova nella sua città natale con un Bachelor in fisica ottenuto alla Columbia University, a cui fa seguire un intenso e articolato periodo che, oltre agli studi di preparazione per il Master, lo vedono arruolato tra le fila della marina. Siamo in pieno periodo di seconda guerra mondiale e il giovane Joseph, come ufficiale scientifico di stanza a Bikini Island, viene inserito nel programma Crossroads che fa capo al progetto governativo della bomba atomica. Anni dopo, Engelberger avrà modo di raccontare come la sua esperienza in marina sia stata la vera e propria pietra angolare della sua vita professionale, tanto da affermare: «The Navy made a physicist of me».
La marina non resterà comunque l’unico amore di Engelberger. Dal 1946 al 1956, infatti, egli trova impiego presso la Manning, Maxwell & Moore, azienda che progetta e produce sistemi di controllo per centrali nucleari e motori a reazione, che lascerà un segno molto profondo nella sua formazione professionale. Contestualmente all’ingresso in azienda, Engelberger si avvicina nuovamente agli studi e, nel 1949, ottiene la laurea in ingegneria elettrica, sempre presso la Columbia University di New York.
L’incontro con Devol nel 1956
Gli anni trascorrono. È il 1954 e Joseph Engelberger in qualità di ingegnere capo presso la Manning, Maxwell & Moore, apre e organizza una nuova divisione, denominata Aircraft Products. In quell’anno, in realtà, succede anche qualcos’altro, che apparentemente non ha nulla a che fare con Engelberger, ma che sarà destinato ben presto a segnare per sempre la sua vita. È nel 1954, infatti, che un personaggio, tal George Devol, deposita presso l’apposito ufficio una domanda di brevetto dal titolo “A Programmed Article Transfer”. Nella descrizione della domanda brevettuale si legge come l’obiettivo dell’invenzione sia quella di rendere disponibile una macchina general purpose per scopi applicativi universali, ovvero in grado di effettuare operazioni ripetitive governate da un opportuno controllo programmabile.
Engelberger conoscerà Devol solamente due anni dopo, durante un cocktail party nel 1956: i due entrano subito in sintonia, intavolando lunghe discussioni sulle teorie di Asimov e sulle potenzialità della robotica. In quello stesso anno la Manning, Maxwell and Moore viene venduta e la divisione Aircraft Products chiusa. Nel giro di pochi mesi, Engelberger si trova senza lavoro ed è costretto a reinventarsi.
Lo spirito imprenditoriale non gli difetta e così, di lì a poco, nel 1957, sfrutta una opportunità offertagli dalla Condec e fonda la Consolidated Controls Corp., azienda dedicata alla progettazione e produzione di strumentazione di misura di cui rimarrà a capo fino al 1977. Nella mente di Engelberger, però, il seme dell’innovazione giunge alla maturazione e così, intravvedendo gli immensi orizzonti di sviluppo di quell’invenzione in attesa di brevetto a cui Devol aveva tanto lavorato, egli riesce a convincere il CEO della Condec, a finanziarne l’industrializzazione. Insieme a Devol avvia una start-up, che darà alla luce Unimate #1, il primo prototipo al mondo di robot programmabile multiscopo.
General Motors installa il primo robot Unimate al mondo
L’era della robotica industriale si apre ufficialmente nel 1959, quando il braccio meccanico programmabile in geometria polare Unimate #1 fa la sua comparsa ufficiale all’interno degli stabilimenti General Motors di Trenton, in New Jersey, per la precisione nel reparto di pressofusione, dove viene adibito ad operazioni di asservimento e manipolazione.
Due anni più tardi, nel 1961, Devol vede finalmente riconosciuto il proprio brevetto con il seguente numero di registrazione: Pat. No. 2988237. Joseph Engelberger, insieme al suo oramai inseparabile collega Devol, fonda quindi la prima azienda al mondo produttrice di robot, la Unimation Inc., società facente sempre parte del gruppo Condec, con l’obiettivo di mettere a frutto i risultati di quello, che a tutti gli effetti, è un brevetto unico in tutto il pianeta.
I positivi risultati ottenuti in termini di flessibilità, produttività e ritorno dell’investimento vedono, dopo General Motors, avvicinarsi alla tecnologia robotica anche Chrysler e Ford, consentendo ad Unimation di avviare quella che potrebbe essere definita la prima produzione seriale al mondo di robot.
È un’escalation di successi. Nel 1965 Engelberger diviene VP del gruppo Condec, carica che manterrà per oltre vent’anni. Nel 1966, i suoi robot sono un’attrazione irresistibile anche per il mondo dello show e appaiono in TV nel corso di uno dei più seguiti programma serali di varietà dell’epoca.
Il Giappone strizza l’occhio a Joseph Engelberger
La nuova tecnologia non può mancare di destare l’interesse dell’altra potenza industriale allora in piena espansione, il Giappone. Joseph Engelberger, un americano, viene invitato per la prima volta a una conferenza in terra nipponica, con lo scopo di illustrare le potenzialità delle sue creature a un parterre di 400 tra grandi manager e imprenditori.
Tra le prime aziende giapponesi a comprendere appieno ciò che la robotica industriale avrebbe comportato fu Kawasaki, che nel 1969 acquisisce le licenze Unimate per il mercato asiatico.
Le attività di ricerca in Unimation fervono. Dopo Unimate negli anni a seguire sarà PUMA a dare all’azienda fondata da Engelberger nuova fama e gloria. Primo robot moderno nel vero senso del termine, PUMA (acronimo di Programmable Universal Machine for Assembly) è un dispositivo antropomorfo la cui nascita deriva dall’acquisizione di Vicarm Ltd. e dall’intuizione di Victor Scheinman, ricercatore presso la Stanford University.
Siamo alla fine degli anni ’70 e il mondo della robotica può dirsi definitivamente lanciato verso la piena crescita. A vario titolo e dopo la vendita di brevetti e rami d’azienda ad alcuni grandi gruppi mondiali, tra cui Westinghouse e Stäubli, la storia di Unimation si avvia alla conclusione nel 1988, anche se l’attività imprenditoriale e scientifica di Joseph Engelberger prosegue fino al 2008, quando a 83 anni decide di ritirarsi.
Sei italiani tra i vincitori del Joseph Engelberger Prize
È pressoché impossibile contare i riconoscimenti e i titoli di cui Engelberger è stato insignito nella sua lunga carriera. Giova però ricordare che, dal 1977, quale tributo per il contributo unico che Engelberger ha apportato allo sviluppo dell’industria, la RIA Robotics Industries Association ha istituito il premio Joseph F. Engelberger, l’oscar della robotica che ogni anno viene assegnato a coloro che si distinguono a vario titolo in ambito di ricerca e applicativo. Ora gestito in collaborazione con l’IFR (International Federation of Robotics), il premio ha visto tra i vincitori anche sei italiani: Marco Somalvico, Renato Carretta, Paolo Dario, Cesare Bracco e Daniele Fabrizi, a cui va aggiunto, ultimo in ordine temporale, Arturo Baroncelli, Past President della Federazione, che ha guidato fino al 15 dicembre 2015.
Ora che Engelberger è scomparso, il premio assumerà un’importanza ancora maggiore e, ne siamo convinti, resterà per sempre il miglior ricordo di colui che a tutti gli effetti sarà ricordato nella storia come il padre della robotica.