Droni usa e getta da utilizzare per il trasporto di medicine, ma non solo, in zone remote e impervie. È il progetto al quale sta lavorando Otherlab, un’azienda con sede a San Francisco (Stati Uniti) attiva nella progettazione e sviluppo di soluzioni nel campo della robotica e automazione, energie rinnovabili, fabbricazione digitale, manifatturiero avanzato.
Un progetto innovativo, all’apparenza forse anche bizzarro, ma che in realtà trova soluzione a una serie di problemi di natura tecnologica, logistica ed economica che frenano l’impiego dei droni in alcuni scenari, quelli che presentano condizioni difficili, come può essere ad esempio un’area di alta montagna o una zona a grande rischio.
Tanto è vero che a sostenere gli ingegneri della società californiana in questo progetto è un finanziamento della Darpa, l’agenzia per lo sviluppo di tecnologie militari del Dipartimento della difesa degli Usa, come parte del programma Icaro (Inbound, controlled, air-releasable, unrecoverable systems), che ha come obiettivo lo sviluppo di veicoli che consentano di effettuare consegne di forniture critiche per poi “svanire”.
Droni sacrificabili
L’impiego di droni tradizionali, ricchi di tecnologia e molto costosi, infatti risulterebbe controproducente in tutte quelle situazioni nelle quali il recupero del velivolo al termine della sua missione non potrebbe essere garantito. Vuoi perché l’energia che lo alimenta non è sufficiente per assicurare il viaggio di ritorno, vuoi per le difficoltà di atterraggio e di decollo su e dal posto. Ma proprio questo è lo scenario tipico di diverse aree del pianeta.
Il sistema al quale sta lavorando l’azienda di San Francisco, chiamato Apsara (Aerial platform supporting autonomous resupply actions) è stato pensato proprio in quest’ottica: non a caso si tratta di droni usa e getta, ovvero che al termine della loro missione possono essere sacrificati, cioè distrutti, senza perdita economica.
Materiali e tecniche di produzione a basso costo
Questi droni sono infatti realizzati in un materiale a basso costo e ampiamente disponibile: il cartone, tra l’altro biodegradabile e quindi non inquinante. Così come a basso costo sono le tecniche impiegate per la fabbricazione dei loro componenti.
Il primo prototipo mostrato ha un’apertura alare di un metro, ma l’azienda ha annunciato che la versione finale potrà raggiungere i 2,5 metri, e che sarà n grado di coprire distanze fino a 80 chilometri, sfruttando le correnti d’aria come un aliante.
Leggeri, i loro componenti si possono piegare, rendendoli anche più comodi e facili da trasportare, e possono essere assemblati sul posto di lancio. Il design della struttura può essere adattato agli specifici carichi previsti dalla missione e personalizzato nei modi più diversi.
Consegne più economiche ed efficienti
Oltre che per la consegna di medicine si possono utilizzare per la consegna di carichi umanitari, di apparecchiature, nei luoghi più remoti anche se questi non dispongono di spazi idonei all’atterraggio di altre tipologie di droni. Inoltre, possono contribuire a rendere efficiente, produttivo e meno costoso l’intera sistema di consegne. Un aereo come un C-17 o C-130 può contenerne centinaia e lanciarli in volo: l’impiego di un solo areo di tali dimensioni come base di lancio dei droni Apsara, secondo i calcoli di Otherlab, sarebbe sufficiente ad assicurerebbe la consegna di medicinali, sangue e vaccini in un’area grande quanto la California.