È diventato famoso ai più grazie a un film, dove insieme a un manipolo di cervelloni riesce a infrangere i codici di Enigma, la misteriosa macchina per la cifratura dei messaggi che i tedeschi avevano messo a punto sfruttando un sistema di codifica – per così dire – mutante. In pochi, però, sanno della reale vastità e dell’importanza degli studi condotti da Alan Turing, alcuni dei quali talmente visionari da essere addirittura stati contestati all’epoca della pubblicazione. Genio indiscusso della matematica, Alan Turing può essere considerato il padre fondatore delle moderne discipline informatiche e dell’intelligenza artificiale, compresa dunque quella branca della robotica che egli all’epoca aveva potuto solamente teorizzare.
Dalle difficoltà del diploma, al Department of Communications
Nato a Londra il 23 giugno 1912, il piccolo Alan Mathison Turing già da piccolo inizia a mostrare uno spiccato interesse verso le materie scientifiche: per i benpensanti del tempo, però, la cosa gli è più di ostacolo che di beneficio. Questa sua passione, infatti, viene mal interpretata dai suoi insegnanti, che giudicano appena sufficienti le sue capacità scolastiche.
La rivincita avviene qualche anno dopo, quando nel 1934 si laurea a pieni voti in matematica presso l’Università di Cambridge, dove entra soprattutto grazie al grande sostegno morale del suo amico Christopher Morcom, che purtroppo morirà prematuramente. Nello stesso anno, Turing si trasferisce alla Princeton University, dove studia per due anni e ottiene un Ph.D. Qui, trova tutte le condizioni ideali per mettere a frutto le sue innate capacità logico-matematiche, mettendosi subito in evidenza con alcuni lavori, tra cui quello che anticiperà di ben cinque anni i risultati raggiunti da Gödel sullo studio degli assiomi della matematica. Nel 1936 Turing è tra i vincitori del premio Smith, ambito riconoscimento che Cambridge riserva ai due migliori ricercatori di fisica e matematica.
La sua carriera prosegue brillantemente all’insegna di incarichi prestigiosi: basti pensare che a soli 28 anni, ovvero nel 1940, il Department of Communications inglese lo pone a capo della task force di scienziati scelti per decifrare Enigma, i cui meccanismi crittografici cadranno di lì a poco grazie a Colossus, il primo vero antesignano fisico dei moderni calcolatori che Turing, tra lo sbalordimento generale, mette a punto insieme alla sua squadra di collaboratori.
Il dopoguerra e le ricerche sull’intelligenza artificiale
Tanti successi non coincidono però con una fama pubblica che stenta a venire, anche e soprattutto per il fatto che i servizi segreti inglesi impongono l’assoluto riserbo sul lavoro svolto da Turing, classificando come top secret tutti gli studi e le attività scientifiche portate avanti dal matematico per conto del governo. Nonostante ciò, Turing nel dopoguerra prosegue il suo impegno governativo lavorando al National Physical Laboratory, attività alla quale affianca l’insegnamento delle discipline matematiche come professore prima a Cambridge e poi a Manchester.
Turing è nel pieno della sua maturità teorico-scientifica. Diviene membro della Royal Society, una delle massime onorificenze scientifiche inglesi, e inizia ad esplorare il mondo dell’intelligenza artificiale. È del 1950 un suo articolo intitolato ‘Computing Machinery and Intelligence’, in cui getta le basi dell’intelligenza artificiale, teorizzando ciò che in futuro sarebbe passato alla storia con il nome di test di Turing: la necessità di seguire gli schemi logici del cervello umano per riuscire ad ottenere una macchina realmente intelligente.
Così, dopo aver esplorato nella seconda metà degli anni ’30 – poco più che ventenne – il mondo degli algoritmi, teorizzando quello che sarebbe stato universalmente riconosciuto come primo calcolatore moderno virtuale, ovvero la Macchina di Turing, a distanza di dieci-quindici anni, dopo aver approfondito alcune tematiche di neuroscienze, compie un altro passo in avanti, aprendo il capitolo dell’intelligenza artificiale e dichiarandosi convinto che di lì a 50 anni la tecnologia avrebbe consentito lo sviluppo di macchine capaci di replicare i meccanismi di ragionamento umani.
Arrestate Alan Turing!
L’attività scientifica di Alan Turing è però destinata nel 1952 a subire duro colpo a seguito del suo arresto da parte delle autorità di polizia inglesi per omosessualità. Condannato per pubblica indecenza, Turing fu sottoposto a castrazione chimica, iniziando un percorso verso il buio della depressione che di lì a due anni, a pochi giorni dal suo quarantaduesimo compleanno, esattamente il 7 giugno 1954, lo porterà al suicidio per avvelenamento.
Benché il referto ufficiale del medico che eseguì l’autopsia non lasci dubbi sulle cause della morte, alcune ricerche condotte in maniera indipendente avanzano – anche a seguito di riscontri definiti oggettivi – una diversa ipotesi sulla morte del matematico, parlando di induzione al suicidio se non, addirittura, di omicidio vero e proprio. Tutto ciò, secondo questa teoria complottista, per mettere definitivamente a tacere una voce scomoda che avrebbe potuto rivelare una serie di imbarazzanti segreti di stato.
La riabilitazione definitiva
A oltre 60 anni dalla sua morte, Alan Turing può dirsi definitivamente riabilitato agli occhi della grande opinione pubblica, non solo grazie alle scuse ufficiali che il governo inglese, prima con Gordon Brown, poi con David Cameron, gli tributarono, ma anche e soprattutto per la grazia postuma che la regina Elisabetta II gli riconobbe nel 2013.
La grande e definitiva consacrazione al grande pubblico è però avvenuta nel 2014 con la pellicola diretta da Morten Tyldum “The Imitation Game”, interpretata come protagonista principale da Benedict Cumberbatch.