Al momento è solo un progetto estivo di una studentessa di ingegneria della Boston University (Stati Uniti), ma non è detto che in futuro non possa tradursi in applicazioni ben più importanti. Ci riferiamo al robot pensante messo a punto da Emily Fitzgerald in grado di fare cose impressionanti, come muoversi in un ambiente evitando gli ostacoli, riconoscere gli oggetti che ha di fronte e di annunciare le sue scoperte con la sua voce piatta e metallica: il tutto senza alcuna assistenza umana.
A fare tutto ciò è appunto un piccolo robot dotato di intelligenza artificiale, costituito da due piedi, sui quali poggia un piano, e di due ruote che gli consentono di aggirarsi negli ambienti, che la studentessa ha sviluppato nell’ambito dell’Undergraduate research opportunities program (Urop), un programma attraverso il quale l’università americana finanzia la ricerca dei suoi studenti. Vediamolo in azione in questo video.
L’intelligenza artificiale del robot
Il robot utilizza una fotocamera per catturare le immagini del mondo che lo circonda, inviando le informazioni al computer portatile posto sul piano, a sua volta collegato a un computer desktop situato all’interno del laboratorio. Un sistema che gli permette di riconoscere con precisione degli oggetti specifici.
Cuore di questo sistema è una rete neuronale profonda, una forma di intelligenza artificiale che simula l’attività delle reti neuronali del cervello umano, processando una grande quantità di dati e informazioni per risolvere i problemi, come riconoscere una palla o un cono, specialità del piccolo robot pensante.
In pratica, “il cervello” del robot è stato riempito di migliaia di immagini, a ognuna delle quali è stato assegnato un numero. Quando si imbatte in un oggetto, il robot lo associa all’immagine corrispondente, scegliendo il numero che la identifica. Una volta assunto questo riferimento, può dire di cosa si tratta.
Dire quali possano essere gli eventuali sviluppi di questa ricerca al momento non è possibile. L’autrice della ricerca, spera di proseguire i suoi studi nel campo delle bioimmagini, per vedere in futuro dispositivi chirurgici robotici basati su reti neurali in grado di rilevare oggetti in pazienti umani, ma altre possibili applicazioni potrebbero riguardare l’esplorazione spaziale. Non a caso, Massimiliano Versace, direttore del Neuromorphics Lab della stessa Università, che ha supervisionato il progetto, ha di recente incontrato alcuni ricercatori della Nasa, per parlare di ricerca in materia.