Walk-Man, il robot italiano che ci salverà nelle emergenze

In un futuro sempre più vicino saranno i robot a intervenire nelle situazioni di emergenza in scenari altamente critici, come in caso di disastri naturali o di altro tipo, prestando soccorso alle vittime ed evitando di mettere a rischio la vita del personale umano.

Tra queste macchine ci sarà anche Walk-Man il robot messo a punto dall’Istituto italiano di tecnologia, nell’ambito dell’omonimo progetto sostenuto dall’Unione europea. Si tratta di un robot umanoide, sviluppato due anni fa, ma che nella sua ultima versione è stato progettato proprio per dare il suo apporto in situazioni di emergenza e localizzare i pericoli prima dell’intervento delle squadre dei soccorritori.

Alla prova del fuoco

Un nuovo compito per il quale il robot è stato messo alla prova, con risultati molto positivi. Le capacità di Walk-Man sono state testate in laboratorio in uno scenario definito dai ricercatori dell’Iit insieme alla Protezione civile di Firenze, nel quale è stato ricreato un impianto industriale danneggiato da un terremoto e nel quale erano presenti detriti, fughe di gas e fuoco. In un tale contesto, l’umanoide, comandato a distanza da un operatore umano, è stato in grado di aprire la porta, localizzare una valvola industriale e chiuderla, rimuovere gli ostacoli che ha incontrato sul suo percorso, individuare la posizione delle fiamme e attivare un estintore per spegnerle. Ecco il video dell’esperimento

Una nuova versione più leggera

Risultati lusinghieri e frutto di oltre sei mesi di lavoro impiegati dai ricercatori per sviluppare questa nuova versione del robot. Nuova versione che si presenta innanzitutto più leggera rispetto alla precedente. Walk-Man, che è alto 185 cm, è stato infatti sottoposto a una ferrea dieta che gli ha permesso di perdere ben 31 kg di peso, passando da 133 a 102 kg. Dieta che in realtà ha consistito nell’utilizzo di nuovi materiali per la realizzazione della sua struttura, ovvero metalli leggeri quali ergal, leghe di magnesio e titanio, oltre a ferro e plastica. Il minor peso si è tradotto innanzitutto in una maggiore velocità delle gambe, dal momento che il carico da spostare, rappresentato dallo stesso corpo del robot, è più leggero. Inoltre, consente al robot anche di reagire con maggior rapidità alle spinte esterne, ad esempio compiendo passi laterali per mantenersi in equilibrio, caratteristica fondamentale soprattutto quando deve adattare il proprio passo a terreni accidentati o quando si trova a operare in ambienti poco stabili.

Walk-Man 2

Altro vantaggio è un minor consumo di energia, che consente al robot di operare per un tempo di circa due ore alimentandosi con una batteria da un kWh. A questo si aggiunge poi la maggior potenza sviluppata dagli attuatori, che ora hanno una capacità di carico di 10 kg per braccio, a fronte dei 7 km precedenti, e che possono reggere e trasportare oggetti pesanti per un tempo di 10 minuti.

Mani più agili

Il restiling ha riguardato anche le mani: ora è equipaggiato con la nuova versione delle mani robotiche Soft-Hand messe a punto dal Centro Ricerche E. Piaggio dell’Università di Pisa con l’Iit, con dita realizzate in un materiale composito leggero, con un miglior rapporto dita-palmo che amplia la varietà di forme degli oggetti che l’umanoide può afferrare.

Completano la dotazione tecnologica del robot i 32 motori e schede di controllo, 4 sensori di forza e coppia (2 ai piedi e 2 alle mani) e 2 accelerometri che ne controllano il corpo e che gli consentono movimenti elastici, e le telecamere, gli scanner laser 3D e i microfoni presenti nella sua testa, ai quali in futuro potranno aggiungersi sensori per il riconoscimento di fumi e sostanze tossiche.

La sua architettura software è basata su framework XBotCore, piattaforma YARP, ROS e Gazebo. Nella testa sono presenti e nel futuro potranno essere aggiunti sensori per riconoscere la presenza di sostanze tossiche. Mentre l’architettura software è basata su framework XBotCore.

Insieme all’Iit e al Centro ricerche Piaggio dell’Università di Pisa, partner del progetto sono l’Istituto di tecnologia di Karlsruhe (Germania), e l’Universita Cattolica di Lovanio (Belgio).

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