Si muovono e si comportano proprio come se fossero un vero banco di pesci. Il fatto è che non si tratta di veri animali, ma di pesci robot. Più precisamente, quelli sviluppati, finora, nell’ambito del progetto europeo EU-FET subCULTron.
Finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma quadro Horizon2020, il progetto ha come obiettivo di mettere a punto un sistema di robot in grado di recepire i cambiamenti dell’ambiente in cui si trova, adattandovisi e raccogliendo i dati relativi all’habitat subacqueo anche per lunghi periodi di tempo. Si tratta di un’innovativa applicazione dell’intelligenza artificiale, sia individuale sia collettiva, che porta ogni singolo pesce robot che fa parte del sistema a comportarsi e agire come fosse in un vero e proprio banco di pesci in natura.
Un progetto ambizioso al quale stanno lavorando gli scienziati di sei paesi europei, tra i quali l’Italia che partecipa con una parnership costituita da Ismar-Cnr (Istituto di scienze marine), il consorzio Corila (formato dalle due università veneziane Ca’ Foscari e Iuav, l’Università di Padova, il Cnr e l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) e che ha proprio in Italia il suo campo di azione privilegiato: la laguna veneta.
Proprio qui, infatti, più precisamente nello spazio della Darsena grande dell’Arsenale di Venezia è stata avviata la sperimentazione del sistema realizzato, con l’entrata in azione di ben 120 pesci robot interconnessi tra loro.
Tre tipologie di robot marini
Andando più nello specifico sono tre le tipologie di robot messi a punto finora dal consorzio, coordinato dal professor Thomas Schmickl dell’Università di Graz (Germania) e che nuotano nelle acque dell’Arsenale. La prima è costituita dagli aMussel, in pratica dei mitili artificiali, formati da cilindri di 50 centimetri di lunghezza e di circa 2 chilogrammi di peso, che costituiscono quella che possiamo definire la memoria collettiva a lungo termine del sistema, consentendo la conservazione e memorizzazione dei dati che vengono raccolti. Durante la dimostrazione, i mitili si sono adagiati sul fondo della Darsena grande, raccogliendo i dati fisici relativi e individuato agenti biologici come alghe, plancton e pesci.
La seconda categoria è rappresentata dagli aFish, i veri e propri pesci robotici, ovvero dei “intelligenti” il cui compito è monitorare ed esplorare l’ambiente marino fornendo input all’operatore e comunicando con le altre tipologie di robot. Gli aFish si muovono in modo del tutto autonomo in acqua come un vero e proprio banco di pesci. Ognuno di loro, inoltre, individualmente, raccoglie dati che comunica al gruppo, innescando un comportamento collettivo dell’intero banco.
L’ultima tipologia è rappresentata dagli aPad, delle ninfee artificiali che costituiscono la piattaforma di appoggio per le due tipologie precedenti di robot acquatici. Il loro compito è trasportarli nella posizione definita da coordinate Gps rimanendo in contatto con le reti satellitari e di telefonia mobile. Gli aPad accumulano anche energia mediante i moduli fotovoltaici dei quali sono dotati e che ne rivestono la superficie esterna superiore e, cos’ facendo, possono a loro volta fornire l’energia necessaria per ricaricare gli aMussel e gli aFish.