Non si elogia mai troppo l’opera dei grandi scrittori di sci-fi per il contributo dato (fin dagli anni 70) all’evoluzione della robotica. Michael Chrichton, scomparso nel 2008 a 66 anni, è uno di costoro. La grande serialità tv ci ha pensato: scritta e diretta da Jonathan Nolan, e prodotta da J. J. Abrams di Star Wars, Westworld è la versione televisiva del film Il mondo dei robot diretto da Chrichton nel 1973 (sulla base del suo stesso libro). Il network HBO è pronto a trasmettere la serie nel prossimo autunno negli Stati Uniti, in dieci episodi da un’ora ciascuno, ma non è escluso il passaggio anche in altre paesi, Italia compresa.
Westworld è ambientata in un parco ludico a tema popolato da androidi e vanta un cast veramente di prim’ordine: tra i tanti, Anthony Hopkins, Ed Harris, Evan Rachel Wood, James Marsden e Thandie Newton.
Ecco il trailer d’annuncio, piuttosto suggestivo e “inquietante”, distribuito da HBO
Solo puro intrattenimento: nessun “catastrofismo” a dispetto della trama
La serie ci porta in un futuro avveniristico, all’interno di un parco divertimenti popolato da robot umanoidi; indistinguibili dunque dai visitatori o dagli addetti che vi lavorano. Al suo interno sono riprodotti fedelmente delle ambientazioni a tema: dal selvaggio Far West all’antica Roma, passando per l’era medievale. L’idea sembra avvincente e foriera di divertimento e business. Ma l’equilibrio si spezza quando gli androidi iniziano a provare le tipiche emozioni degli umani e cominciano dunque a meditare una ribellione verso i propri creatori…
Correttamente i produttori di Westworld hanno voluto sottolineare l’intento puramente di intrattenimento del remake, senza nessun messaggio “catastrofico”. A maggior ragione in un’era in cui sembra prevalere la tecnologia che consente un dialogo costruttivo tra uomo e macchina. O, al limite, la ricerca di cautele studiate a tavolino per controllare situazioni “fuori controllo” come fatto recentemente da Google (qui la news in tema che vi abbiamo dato). Questo senza nulla togliere, naturalmente, al valore “pionieristico” dei soggetti di Michael Chrichton.
Con l’auspicio di vedere il prodotto anche in Italia, lasciamo dunque alla sola pubblicistica la definizione coniata per la serie che recita più o meno “un’oscura odissea all’alba della coscienza artificiale”…