La ricerca in tema corre in modo talmente spedito, che si avvicina il momento in cui le missioni spaziali verranno affidate ai robot. La NASA ha recentemente equipaggiato il Massachusetts Institute of Technology e la Northeastern University di Boston con due prototipi di androidi R5 Valkyrie: l’obiettivo è uno sviluppo per svolgere il ruolo di assistente per il team.
Entrambi gli istituti, vincitrici della competizione NASA DARPA Robotics Challenge, hanno ricevuto un prototipo dell’altezza di 190cm, per un peso di oltre 100 kg. R5 Valkyrie è stato realizzato dal “Johnson Space Center” della NASA in collaborazione con l’Università del Texas, ed era stato inizialmente configurato per supporto in caso di gravi emergenze climatiche.
Il compito che oggi spetta al Massachusetts Institute of Technology e al Northeastern University è, invece, quello di generare un software che consenta agli androidi destinati per le missioni spaziali di agire in modo il più disinvolto e autonomo possibile.
“I progressi nel campo della robotica, tra cui la collaborazione uomo-macchina, sono essenziali per lo sviluppo delle capacità necessarie per il nostro viaggio con destinazione Marte”, ha dichiarato Steve Jurczyk, amministratore associato per Space Technology Mission Directorate della NASA.
Il robot con pinze per la mappatura in 3D
I due nuclei universitari potranno ricevere fino a 250.000 dollari all’anno per un biennio, e avere accesso al supporto tecnico in loco e virtuale di NASA.
Il prototipo R5 Valkyrie è considerato un upgrade rispetto a Robonaut, il robot sviluppato già dal lontano 1997 sempre nei dipartimenti di ricerca della NASA. Il dichiarato obiettivo è quello di andare oltre il pur significativo utilizzo di Robonaut, che ha funzionato da braccio robotico della “Stazione Spaziale Internazionale” per attività concernenti la manutenzione esterna della stazione.
Una curiosità: R5 Valkyrie in luogo degli arti inferiori presenta delle pinze equipaggiate con luce, fotocamera, e sensore per la costruzione di mappe in 3D, altra nuova e giustificata “ossessione” dei ricercatori spaziali.