robot e lavoro

Robot e posti di lavoro: niente panico siamo italiani!

Bianco e nero, rare sfumature di grigio da parte di pochi “saggi” con giudizi equilibrati. Gira e rigira il tema cardine dello sviluppo della robotica sembra essere, nel dibattitto pubblico in tante parti del mondo, se gli androidi “ruberanno” posti di lavoro agli umani. Ve ne abbiamo parlato spesso anche noi di Robotica.news (qui l’ultima volta), concludendo, in prevalenza, che la cosa più saggia è diversificare gli ambiti, prendere in considerazione tutto a 360° con obiettività: ci sono situazioni in cui, specie nel processo industriale, i robot giocoforza miglioreranno le performance, ma magari in questi stessi settori si svilupperanno nuove opportunità professionali “umane” legate alla gestione delle macchine… sfumature di grigio, appunto.

Recentemente si è parlato, sul lato “catastrofico”, di un rapporto presentato nel corso dell’’ultimo meeting del World Economic Forum tenutosi a Davos, secondo il quale entro il 2020 gli androidi occuperanno circa cinque milioni di posti di lavoro, sostituendo il numero equivalente in 15 nazioni nel mondo.

Stando dalle nostre parti, abbiamo registrato, con piacere, reazioni molto equilibrate. Come quelle rilasciate da Antonio Bicchi, tra i più importanti ricercatori dell’Iit di Genova, dove è nato l’umanoide iCub di cui anche la scorsa settimana vi abbiamo ricordato le “gesta” (qui la news).

Bicchi ha definito non scientificamente plausibili le conclusioni emerse a Davos, puntando per esempio sull’importanza dello sviluppo dei robot di compagnia (per anziani, disabili) ma anche di sostegno a operai che dunque non perderanno il posto di lavoro, in un contesto che anzi andrà ad accelerare il processo produttivo con operazioni di manovalanza che saranno sempre più rapide. E velocità significa calmieramento dei costi di produzione… Lo stesso dicasi per i roboti di compagnia, laddove le professionaltà delle badanti o degli assistenti umani trarranno giovamento dalla forza fisica dei robot senza vedere vista la loro operatività minacciata.

lavoro robotCi piace l’equilibrio degli specialisti italiani!

Sempre in Italia ci sembra esemplare il percorso che si articola nella facoltà d’ingegneria all’Università di Pisa e più nello specifico nel suo centro di ricerca Enrico Piaggio (legato alla facoltà di ingegneria). Vero vanto dell’università pisana, il dipartimento si occupa di robotica, bioingegneria e automazione.

Qui è nato il robot Walkman, utilizzabile in situazioni di grandi emergenza (poco meno di un metro e 90 di altezza, per 100 kg): ha una mano meccanica di straordinaria efficenza (sviluppata dallo spin off dell’università QbRobotics), e viene rigorosamente comandato da remoto (dunque la presenza umana è fondamentale). Secondo Lucia Pallottino, docente di robotica nell’ateneo toscano, è stato ideato per intervenire in situazioni critiche emergenziali dove l‘uomo non può intervenire per eccesso di pericolo (vedi centrale nucleare o catastrofi climatiche).

Un altro eccellente esempio di come in Italia prevalga un atteggiamento equilibrato e non allarmista.

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