Non potevamo non consigliare ai lettori di Robotica.news l’ultima opera letteraria di Paolo Gallina, docente di robotica all’Università di Trieste: L’anima delle macchine (Edizioni Dedalo).
Forte di un vero know how sulla ricerca robotica, Gallina riesce ad abbinare esperienze quotidiane di vita domestica (!) con studi e casi scientifici, fornendo così un contesto piuttosto convincente riguardo alla dipendenza tecnologica degli umani.
L’obiettivo di Gallina è quello di accompagnare per mano il lettore nella comprensione dei meccanismi consepevoli e non con cui la mente umana si rapporta non solo agli androidi, ma anche ai prodotti digitali in generale (domotica, smart home e smart mobility comprese).
Il suggestivo fil rouge-parallelo esposto dall’autore è quello della chiocciola, piccolo animaletto che si sposta continuamente con il proprio guscio: per Gallina il “guscio degli umani“, all’insegna della tecnologia, è costituito da una serie di strumenti, dispositivi e congegni tech e smart che costituiscono un’ideale protesi del nostro corpo. Nelle vesti di esperto, il docente non mostra né scetticismo, né particolare entusiasmo.
Dal “guscio” gli umani estraggono soluzioni non essenziali ma di grande supporto
In modo “laico” Gallina ci dice che la maggior parte dei dispositivi meccanici non è certo essenziale. Possiamo spegnerli o farne a meno, ma certo il loro utilizzo ci semplifica la vita. Intelligentemente l’autore parla di “processo di delega cognitiva“, laddove l’uomo sempre più trasferisce alcune funzioni alle macchine: per esempio cita le calcolatrici che subentrano non perché l’uomo non possa oggi cimentarsi in conteggi manuali, ma semplicemente perché “non vuole” più farlo. Il lato positivo di questo atteggiamento “pigro” consiste nel fatto che delegando liberiamo la nostra mente per poter fare altro.