“Abbiamo bisogno di ragionarci seriamente, dobbiamo capire cosa vuol dire essere umani”. Sono le parole di Ingvil Hellstrand, ricercatrice della Stavanger University in Norvegia che ha pubblicato uno studio sulla società del futuro; quella in cui robot e automi potrebbero essere più di semplici elettrodomestici o macchine di supporto al lavoro. Lo studio sull’intelligenza artificiale prosegue a ritmi vertiginosi e ha già permesso di compiere progressi rilevanti, portando allo sviluppo di macchine che possono imitare il comportamento dell’uomo. “È chiaro che nei prossimi anni macchine del genere avranno la possibilità di integrarsi perfettamente nel tessuto sociale – osserva Hellstrand – senza l’obiettivo primario di rubare all’uomo il posto di lavoro ma semplicemente per aumentare le possibilità interattive tra i ‘due mondi’”.
Gli esempi intelligenti dal mondo della fiction
Stando alla tesi di Hellstrand, pubblicata sul sito dell’Università (http://www.uis.no/news/should-androids-have-the-right-to-have-children-article97832-8865.html), parte delle innovazioni tecniche che riguardano i robot sono dovute anche al cinema e alla produzione culturale fantascientifica, in grado di immaginare la vita del domani spaziando apertamente tra il possibile e l’improbabile. Nei film si è passati dagli Skynet di Terminator pronti a spazzare via la razza umana alle infatuazioni di Joaquin Phoenix in Her per un sexy robot!
Punto di riferimento ancora più specifico della studiosa norvegese è Data, il robot umanoide presente nella celebre serie “Star Trek: The Next Generation”. Interpretato da Brent Spiner, Data è un dispositivo dall’intelligenza avanzata che vuole imparare come si comportano gli uomini. È egli stesso a dedurre che essere genitori è una parte importante dell’esperienza umana e per questo decide di viverla in prima persona, trasferendo parte del suo cervello in quello di Lal, sua figlia, che però vivrà lo spazio di un episodio.
Permetteremo dunque agli automi di riprodursi per far si che comprendano cosa voglia realmente dire essere padri o madri? Ingvil Hellstrand chiosa alludendo intelligentemente a temi già presenti nel dibattito socio-culturale: “In tempi in cui ci affidiamo costantemente alla tecnologia, anche per avere figli, possiamo considerarci già dei cyborg! Cosa cambia quando invece di essere noi a spingerci verso il loro mondo sono i robot stessi a voler essere un po’ più umani?”.