In base a un recente ricerca del quotidiano inglese Guardian, crescono le pressioni sull’assemblea generale delle Nazioni Unite, da parte di esperti in IA e studiosi di robotica, per l’imposizione di un divieto preventivo sulla configurazione dei “robot killer”.
La preoccupazione nasce dalla minaccia di uno scenario bellico in cui gli androidi abbinati alle nuove tecnologie possano inevitabilmente giocare un ruolo da protagonisti. Le pressioni sono giustificate perché a oggi non vi sono in tema divieti o sanzioni.
D’altro canto le Nazioni Unite vengono accusate di un approccio superficiale al tema, non avendo mai seriamente deciso di diramare una legislazione precisa. Così facendo, sottolineano i protagonisti dell’appello, il rischio è che il tema dell’armamento robotico faccia passare in secondo piano le tante cose positive che la ricerca sull’IA ha sviluppato in tanti settori.
L’ambiguità di Stati Uniti e Regno Unito
Secondo il Guardian, le nazioni che hanno investito capitali sulle armi autonome, Usa e Gran Bretagna in primis, spingono su un accordo che riguardi solo le tecnologie emergenti e non quelle già collaudate, evitando così il divieto assoluto.
Giocano sulle lungaggini dei tempi, perché gli androidi che hanno stimolato il sorgere del problema potrebbero essere già operativi quando si troverà un accordo.
Queste preoccupazioni sono condivise da altri addetti ai lavori e esperti, preoccupati che a un androide venga data l’opportunità di compiere azioni violente senza il controllo dell’uomo. Allo stato dell’arte odierno vengono già testate soluzioni di armi autonome, come i “caccia” con UAV (dotati di pilota autonomo dunque), ma anche moderni strumenti bellici sempre liberi dal controllo umano, come le mitragliatrici in Israele e nella Corea del Nord.