È stato un successo il primo volo di Aquila, il drone messo a punto dal Connectivity Lab di Facebook. Frutto di due anni di ricerche e dopo una serie di test effettuati su modelli in scala, il velivolo è stato testato nei cieli di Yuma, sul deserto dell’Arizona.
Con risultati molto positivi, se è vero che il drone è rimasto in volo per ben 96 minuti, contro i 30 programmati inizialmente. Si tratta di un passo importante per l’azienda di Zuckerberg e soprattutto per il prosieguo del progetto. Aquila, infatti, è una delle soluzioni tecnologiche al quale i tecnici del Connectivity Lab stanno lavorando per risolvere un grande problema: quello di garantire l’accesso a internet a costi accessibili a miliardi di persone che vivono in zone remote e che non hanno alcuna possibilità di connettersi alle reti.
Da qui l’idea di realizzare una flotta di droni che, dall’alto del cieli possano irraggiare la connettività attraverso un fascio laser e sistemi a onde millimetriche. Una soluzione ritenuta ideale a questo scopo, in quanto garantisce una diffusione più stabile del segnale ed è molto più economica rispetto a tecnologie come i satelliti. In teoria tutto facile, ma nella pratica tale progetto richiede il superamento di tutta una serie di sfide, che spiegano come Aquila è stato concepito.
Com’è fatto
Il drone ha un’apertura alare pari a quello di un areo di linea, ma pesa solo 450 kg, grazie alla sua struttura costruita in fibra di carbonio.
Alimentato con moduli fotovoltaici, che convertono in energia elettrica la luce solare, è stato pensato per restare in aria, senza atterrare, per un periodo lungo, ben 90 giorni, volando a una quota di 60.000 piedi, e per funzionare alla sua velocità di crociera, intorno ai 130 km/h, richiede nel complesso una potenza di 5.000 W, pari a quella di tre asciugacapelli.
Il primo volo
Il primo test, che potete guardare nel video qui sotto, ha confermato che i tecnici sono sulla buona strada.
https://www.youtube.com/watch?v=eOez_Hk80TI
La prova è stata effettuata a bassa quita, volando a una velocità di circa 40 km/h e i suoi motori sono stati alimentati solo a batterie. Lo scopo era infatti verificare la bontà di quanto fatto finora, in particolare il lavoro sul design e l’aerodinamica, la tenuta della struttura, la verifica delle stime sui consumi, per procedere nell’ulteriore sviluppo. Resta infatti ancora molto da fare. Nei prossimi mesi i tecnici cercheranno di ridurre ulteriormente il peso del drone, per ridurne i consumi, e al tempo stesso di ottenere una maggiore efficienza complessiva e di ottimizzare la conversione dell’a radiazione solare, considerando che questa, raccolta nelle ore di luce e accumulata nelle batterie dovrà alimentare il velivolo anche durante la notte. Inoltre, si lavorerà anche a migliorare l’autonomia del drone, che può essere controllato anche da terra, e che effettua in automatico le fasi di decollo e di atterraggio.