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Chirurgia robotizzata nuova frontiera dell’ortopedia

Ci sono due eccellenze italiane nel campo della chirurgia robotica protesica, e per di più in sinergia con la sanità pubblica: l’ospedale di Sansepolcro (in provincia di Arezzo) e il reparto di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico di Modena. Sono le prime strutture pubbliche ad aver acquisito nel 2014 il sistema per la chirurgia protesica ortopedica Rio Mako. A livello di “privato” in Italia si contano invece 4 strutture (il sistema è stato introdotto in Italia da AB Medical nel 2011) dove, naturalmente, i costi a carico del paziente sono piuttosto impegnativi.

La piattaforma robotica, prodotta da Mako Surgical Corp., è considerato all’avanguardia in tutto il mondo dove si contano, in strutture cliniche o enti specializzati, circa 270 prototipi operativi. Dall’esordio negli Stati Uniti, il cui primo impianto risale al 2006, sono state impiantate nel mondo 30.000 protesi.

81512-3850913A partire dal luglio 2014 nell’ospedale di Sansepolcro sono state impiantate 58 protesi con tecnica robotica, di cui 32 anche e 26 ginocchia. Nel reparto di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico di Modena si contano invece cento pazienti che hanno ricevuto una protesi di ginocchio. Nello stesso periodo sono stati 210 i pazienti che hanno ricevuto una protesi all’anca.

Dopo circa un anno e mezzo di utilizzo, e i dati aggiornati forniti dalle due strutture, si può dire che la chirurgia assistita robotizzata rappresenta la frontiera più avanzata dell’ortopedia.

La piattaforma si basa su un piano chirurgico pre-operatorio (ottenuto con una TAC) e consente di ottenere una personalizzazione dell’impianto protesico; è infatti possibile compiere la scansione in 3D dell’area in cui andrà inserita la protesi e quindi eseguire l’intervento con l’innovativa tecnica “a braccio robotico”. Che è fondata sull’utilizzo di strumenti chirurgici “intelligenti” ad alta definizione.

Circuito virtuoso ad alta tecnologia e ridotti margini di errore

Affinché avvenga la sinergia efficace tra paziente, scansione e braccio meccanico, il chirurgo innesta nella superficie ossea degli speciali supporti metallici, dove in precedenza uno specialista ha assemblato dei mini-dischi dotati di una superficie che viene filmata da una telecamera. Questa, a sua volta, rimanda il segnale di localizzazione al’arto robotico. Il corretto assemblaggio dei mini-dischi è determinante per poter fornire la garanzia di accuratezza.

L’operazione effettuata con il braccio meccanico ha un margine di errore di un millimetro, oltre il quale il sistema si arresta. Escludendo così la possibilità che si verifichino seri problemi ad arterie, vene e nervi. Garantisce una elevata precisione e riproducibilità del gesto chirurgico, oltre a una bassa (e gestibile) perdita di sangue, tempi di degenza minori e rischi più bassi di infezione post-operatoria. Con tempistiche di recupero più veloci in cui è già possibile apprezzare una migliore mobilità.

 

 

 

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