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Un robot “riccio” per esplorare lo spazio

 Si chiama “Hedgehog” (“riccio”) e sarà in grado di saltellare, rotolare e rovesciarsi: tutte manovre che i classici space rovers (piccoli veicoli telecomandati senza pilota) utilizzati nell’esplorazione spaziale non compiono.

Due prototipi sono stati, rispettivamente, realizzati alla Stanford University e presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL), laboratorio statunitense in California dedicato al progetto, allo sviluppo e alla costruzione delle sonde spaziali senza equipaggio della NASA. I prototipi sono stati provati a giugno 2015 a bordo del C-9B, un aeromobile della NASA appositamente allestito per testare condizioni di microgravità.

Durante le 180 parabole, nel corso di 4 voli, “Hedgehog” ha sfoggiato le sue prestazioni con vari tipi di manovre su diversi materiali per simulare una vasta gamma di superfici, sabbiose, aspre e rocciose, scivolose e ghiacciate, morbide e friabile. “Hedgehog è un tipo diverso di robot che saltella e cade sulla superficie invece di rotolare sulle classiche ruote. Ha la forma di un cubo e può funzionare in qualunque modo, non importa da quale parte si fermi”, ha detto Issa Nesnas, capo della squadra del JPL.

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Obiettivo: rendere il “riccio” sempre più autonomo dai comandi inviati da Terra

Una delle manovre più semplici per “Hedgehog” è stata la cosiddetta “imbardata“, la classica passeggiata sul posto. Ma durante uno degli esperimenti, ha dimostrato di saper eseguire anche una manovra “tornado“, in cui si gira energicamente per lanciarsi da una superficie: un’abilità che potrebbe risultare utile per sfuggire da una voragine o da una duna di sabbia.

Il robot “riccio” è un cubo con delle punte ed utilizza volani interni per frenare.
Le punte, che potrebbero contenere anche della strumentazione scientifica, una sonda termica ad esempio, hanno la duplice funzione di proteggere il corpo del robot e di fungere da piedi mentre si muove sul terreno. Dopo aver puntato verso una direzione il robot può raggiungere grandi distanze saltando oppure brevi distanze rotolando da una faccia all’altra. Il prototipo del JPL ha 8 punte e 3 volani e pesa 5 chilogrammi ma potrebbe arrivare a 9 con tutto il payload; quello di Stanford è leggermente più piccolo e leggero. Anche i meccanismi frenanti sono un po’ diversi: il primo usa freni a disco, l’altro utilizza delle cinghie per fermare bruscamente i volani. Controllando la frenata è possibile regolare l’angolo dei salti.

I ricercatori stanno ora lavorando per rendere il robot il più possibile autonomo ed indipendente dalle sequenze dei comandi inviate da Terra. Il lavoro di “Hedgehog” potrebbe essere affiancato da un orbiter sia per le comunicazioni, così come avviene per gli space rovers Opportunity e Curiosity su Marte, sia per supporto, per indicare al robot la strada migliore e la sua esatta posizione

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