Il modo in cui gli esseri umani interpretano il comportamento degli oggetti dotati di Intelligenza Artificiale, come per esempio il celebre robot umanoide iCub, dipende da un atteggiamento che può essere previsto misurando l’attività del cervello.
Nei giorni scorsi, i ricercatori dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia (la “culla” di iCub) hanno dimostrato che i due possibili “bias” verso i robot – cioè considerarli come esseri dotati di un’intenzionalità o, al contrario, cose prive di una mente – sono caratterizzati da due diversi profili di attività neuronale. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Science Robotics e sono importanti per comprendere il modo in cui gli esseri umani possono interagire con i robot, considerando anche la loro accettazione in ambito sanitario e, in generale, nella vita quotidiana.
Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca “Social Cognition in Human-Robot Interaction” dell’IIT di Genova, coordinato da Agnieszka Wykowska, il cui obiettivo è studiare e comprendere la cognizione sociale umana quando è presente un’interazione con agenti artificiali, quali i robot umanoidi. Inoltre la linea di ricerca di Wykowska esplora il possibile utilizzo degli umanoidi come tecnologie per la promozione della salute, attraverso lo sviluppo di protocolli di riabilitazione per persone che presentano disturbi dello spettro autistico o altre disabilità nelle interazioni sociali.
In tale contesto, nel 2016 Wykowska ha vinto un prestigioso finanziamento dell’European Research Council (ERC) per realizzare il progetto “InStance”, il quale affronta proprio la questione di come e in quali condizioni le persone trattano i robot come esseri intenzionali. Ovvero se, per spiegare e interpretare il comportamento del robot, le persone fanno riferimento a stati mentali come credenze o desideri. La ricerca pubblicata oggi su Science Robotics è frutto di queste indagini.
Nello studio, i ricercatori hanno scoperto che tale differenza di atteggiamento può essere correlata con l’attività cerebrale, misurata tramite elettroencefalogramma (EEG), in modo che sia possibile prevedere il pregiudizio delle persone nell’attribuire l’intenzionalità ai robot, in particolare all’umanoide iCub. “I nostri risultati sono affascinanti, poiché dimostrano che è possibile colmare un divario tra un concetto filosofico di alto livello e i dati delle neuroscienze, vale a dire che gli atteggiamenti verso la tecnologia possono essere collegati a modelli di attività cerebrale distinti”, ha commentato Agnieszka Wykowska. “Questo studio mostra che le persone potrebbero avere vari atteggiamenti, tra cui l’ umanizzazione del robot a diversi livelli, e quegli atteggiamenti possono effettivamente essere rilevati a livello neurale”.
I ricercatori hanno studiato il comportamento di 52 individui, sottoposti a EEG. Dopo una prima registrazione dell’attività neurale delle persone a riposo, i ricercatori hanno misurato il tracciato EEG mentre i partecipanti svolgevano un’attività di associazione tra alcune immagini di iCub e le relative possibili descrizioni: le descrizioni utilizzavano il vocabolario “intenzionale / mentalistico” (come “iCub vuole disegnare qualcosa”) o il vocabolario “meccanicistico” (come “iCub ottimizza la presa per piccoli oggetti”).
I ricercatori hanno inoltre scoperto che anche quando il cervello non è impegnato in un particolare compito sperimentale, cioè a riposo, l’attività neurale presenta un certo tipo di caratteristiche (nell’intervallo di frequenza beta del segnale EEG) che predice il pregiudizio delle persone nell’attribuire intenzionalità al robot umanoide iCub. E riscontrato differenze nell’attività cerebrale nel momento in cui i partecipanti hanno interpretato comportamenti specifici del robot come aventi una spiegazione meccanicistica o intenzionale.