La prima stampante 3d in grado di stampare pelle umana. L’ha messa a punto un team di ricercatori spagnoli dell’Università Carlos III di Madrid, in collaborazione con il Ciemat (Centro per l’energia, l’ambiente e la tecnologia), dell’Ospedale universitario Gregorio Marañón e BioDan, una società di bioingegneria spagnola specializzata nella medicina rigenerativa, che è riuscito a realizzare lembi quadrati di pelle di 10 centimetri di lato in soli 35 minuti: uno dei primi tessuti umani viventi creati utilizzando bioprinting pronto per essere immesso sul mercato. Un risultato straordinario che apre nuove prospettive all’impiego della tecnologia del 3d printing, e quindi dei vantaggi a questa connessa, a partire dai costi e tempi di realizzazione decisamente ridotti rispetto ai processi standard, sia per la cura delle malattie della pelle sia per applicazioni nell’industria, dove tali tessuti possono essere utilizzati per la sperimentazione di cosmetici, farmaci e sostanze chimiche.
Bioinchiostri a base di cellule
Al posto dei consueti inchiostri a base di materiali plastici tradizionalmente usati nella stanpa 3d, la biostampante sviluppata dai ricercatori spagnoli crea la pelle utilizzando strati di plasma e cellule umane prelevate con la biopsia e fatte moltiplicare in provetta. La deposizione dei bioinchiostri, brevettati dal Ciemat e concessi in licenza a BioDan, che si occuperà della commercializzazione dell’intera tecnologia, è gestita da un computer, che li deposita su un letto di stampa in modo ordinato per poi produrre la pelle. Ecco il video di presentazione
Grazie a questa nuova tecnologia di stampa, della quale ha dato notizia la rivista Biofabrication che ha anche pubblicato tutti i risultati del lavoro di ricerca, si riesce a riprodurre fedelmente la struttura della pelle: con un primo strato esterno, l’epidermide, che funge da protezione contro l’ambiente esterno, e un secondo strato più profondo e più spesso, il derma, costituito da fibroblasti che producono collagene, la proteina che conferisce elasticità e resistenza meccanica alla pelle.
Una giusta miscela
Creare la giusta miscela dei componenti biologici, trovare le condizioni operative che consentissero di lavorare senza deteriorare le cellule e il giusto metodo di deposizione hanno rappresentato le principali sfide per il team di scienziati.
Una sfida superata, tanto che i ricercatori hanno messo a punto due diversi metodi per la produzione dei tessuti: il primo permette di generare su larga scala pelle allogenica destinata alle attività industriali da uno stock di cellule; l’altro per creare pelle autologo, destinata a uso terapeutico, ad esempio il trattamento di gravi ustioni, che viene realizzata caso per caso utilizzando le cellule del paziente da trattare.
In ogni caso, il processo brevettato utilizza sempre e solo cellule umane e componenti per la produzione di pelle bioattiva, ovvero in grado di generare da sola il collagene, una proteina strutturale dei tessuti connettivi, evitando così l’uso di collagene animale come invece accade con altri metodi.
Dalla medicina all’industria
La svolta che la nuova tecnologia può dare è davvero rilevante. Il sistema di bioprinting infatti permette di generare pelle umana in modo automatizzato e standardizzato, attraverso un processo decisamente meno costoso e molto più veloce rispetto a quello “manuale”: qualche decina di minuti a fronte dei giorni e settimane necessari con le tecniche tradizionali. Benefici dei quali potrebbero godere tutti coloro che sono affetti da malattie della pelle o da ustioni, applicazioni per le quali ora si attende l’autorizzazione da parte delle agenzie europee, ma anche nel campo dell’industria, dove i tessuti così generati possono essere utilizzati per testare prodotti farmaceutici, cosmetici e chimici di consumo dove le normative richiedono test che non utilizzino animali.